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Rachele e Lenticchia tornarono in sala da pranzo per gustare la colazione. La tavola era stata nuovamente imbandita, stavolta però con latte caldo e biscotti al cioccolato.

Lenticchia, che era decisamente affamato, bevve due tazze di latte col cacao e poi mangiò dieci, undici, forse anche dodici biscottini.

Rachele lo guardava sorridendo. Era così buffo Lenticchia. Sembrava non mangiare da una vita!

Ad un tratto un forte rumore interruppe quel silenzio, la finestra si spalancò improvvisamente ed un piccolo petti rosso entrò nella stanza.

“Buongiorno ragazzi, dormito bene? E la colazione era di vostro gradimento”

“Sì, certo” risposero contemporaneamente.

“Bene. Lenticchia, ti andrebbe di venire fuori con me? Vorrei mostrarti un luogo e farti vedere cose…”

Lenticchia aveva davvero voglia di andare col piccolo pettirosso, ma ancora una volta, il pensiero di ritardare il ritorno a casa, lo scoraggiava.

“Cosa ti turba, piccolo Lenticchia?” chiese il pettirosso.

“Vorrei tanto venire con te, ma allo stesso tempo mi sono ricordato che sto seguendo questo viaggio per poter tornare dalla mia mamma e dal mio papà e dai miei fratellini. Mi sono perso tanto tempo fa e ora sto cercando in tutti i modi la strada giusta per tornare dalla mia famiglia. Ho paura che distraendomi ancora, potrei non tornare più a casa”.

“Caro Lenticchia, capisco bene come ti senti. Quando ero un giovane pettirosso, mi accadde più o meno ciò che è accaduto a te. Un giorno, volando per il bosco, persi la strada di casa. avevo trascorso l’intera giornata a volare un po’ qua e un po’ là. Avevo incontrato così tanti amici e vissuto così tante avventure, che avevo perso sia il senso del tempo che dello spazio. Non mi ero reso conto che si era fatta sera e che quel girare di qua e girare di là mi aveva fatto perdere completamente il senso dell’orientamento. Dov’è casa mia? Continuai a chiedermi disperato. Mi mancava la mia mamma, la mia intera famiglia e così arrivò la notte che mi trovò tutto solo nel bosco grande grande. Mi rifugiai su di un albero maestoso, dalle fronde verdi ed accoglienti e riposai lì fino al giorno successivo. Sognai il mio nido, sognai la mia mamma che mi teneva fra le sue ali morbide e calde e l’indomani, al mio risveglio, ricordai tutto. Volai senza esitazione verso la grande quercia. Lì c’era la mia casa.

Con questo, caro piccolo Lenticchia, intendo dire che nel tuo cuore sai perfettamente qual’è la strada che ti riporterà a casa. non avere paura e fidati del tuo cuore”.

Lenticchia rimase in silenzio per qualche istante e poi disse “Sai pettirosso cosa mi sta dicendo il mio cuore? Di seguire te e vivere una meravigliosa avventura”.

Il piccolo pettirosso scrutò l’orizzonte, guardando ad un luogo incantato che Lenticchia ancora non riusciva a vedere. Chiuse gli occhi, intonò una dolce melodia e la magia ebbe inizio.

U: Uccellino. Col suo canto melodioso vola libero e gioioso. Sale sale fin lassù, ma poi torna sempre giù.