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I due ragazzini si svegliarono all’alba. Il sole spuntava lentamente e timido da dietro alle alte montagne che incorniciavano quello spettacolo della natura.

Lenticchia si affacciò di nuovo ad una delle finestre della torre e incuriosito, col naso schiacciato sul vetro, in silenzio guardava giù.

“Rachele” disse “ma quanto siamo in alto? Ieri sera era tutto buio e non mi sono reso bene conto di dove fossimo. Da qua gli animali del bosco sembrano piccoli piccoli, come delle formiche e gli alberi somigliano quasi a quelli finti che ho nel presepe di casa”.

“Caro Lenticchia, qui siamo sulla torre, la stanza più in alto di tutto il castello. Questa è la stanza che preferisco di più in assoluto. Qua posso starmene sola, in silenzio ad osservare il mondo, come se assistessi ad una rappresentazione teatrale di cui io sono uno spettatore. È bello osservare la foresta risvegliarsi lentamente e svogliatamente la mattina, oppure scaldarsi al sole di mezzogiorno e sognare tutti i sogni che ho nel mio cuore”.

La torre era un posto davvero magico, pensò Lenticchia. Era il posto in cui avrebbe voluto rifugiarsi ogni volta che il mondo gli sembrava un po’ ingombrante e rumoroso.

T. Torre. Nel mio cuore esiste un luogo, che è un rifugio silenzioso. Mi dona calma ed armonia e ogni tristezza porta via.