In quest’ultimo periodo spesso mi capita di sentir parlare del tempo.

Non del tempo meteorologico, ma del tempo che scorre, di quello che i nostri orologi misurano e che noi convenzionalmente immaginiamo come lineare, fatto di passato, presente e futuro.

Il tempo che conosciamo è scandito dai secondi, dai minuti, dalle ore… e poi ci sono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni e potrei andare avanti così ancora per molto.

Pensando al tempo che scorre, così come lo conosciamo su questo piano, mi è venuto subito in mente che al polso porto sempre un orologio e mi ha fatto sorridere il fatto che in realtà, oggi, non lo guardo mai, è più un accessorio che un mezzo col quale “controllo” il tempo che passa.

Prima della nascita di mio figlio ero decisamente più attenta al tempo. Controllavo l’ora per non fare tardi nel rientrare a casa, per svolgere tutte le mie attività, dalla palestra, al fare la spesa…era tutto incastrato in una scaletta perfetta e infelice.

Poi è arrivato Gabriele e il tempo ha cominciato a girare in maniera diversa, anzi, posso dire che il tempo non esisteva più. Io, completamente assorbita da lui e dal suo meraviglioso mondo, ho imparato a dimenticarmi del tempo.

Controllo l’orologio per cercare di essere puntuale in ufficio, quello sì, se voglio mantenermi il posto devo farlo, ma ora, quando mi accorgo di essere in ritardo, non ho più l’ansia e penso “Il tempo non esiste e non cadrà il mondo se arriverò con mezz’ora di ritardo”. Sono parole magiche quelle, perché ti donano calma e serenità e sul serio poi, succede che per strada non trovo traffico e parcheggio anche in un baleno, senza dover girare a lungo.

Il non tempo che ho imparato a vivere e sperimentare con Gabriele, è un non tempo ricco di me, delle mie passioni riscoperte, come il disegno, leggere dei libri e scrivere favole per il mio bambino.

Il non tempo che Gabriele mi ha insegnato ad amare è molto più naturale di quello che conosciamo, fatto di stress e ansia e affanni inutili.

Il non tempo che mi ha fatto conoscere Gabriele è quello che vivo durante i miei sogni.

La sera, prima di addormentarmi, chiudo gli occhi e mi immagino sdraiata a terra, davanti ad una porta di legno altissima dalla tonalità non troppo scura. Sono lì, sdraiata e rilassata e cerco il mio Daimon. Chiedo al mio Daimon di venirmi a prendere, per portarmi nel Senza Tempo e mostrarmi cosa c’è al di là di quella che noi percepiamo come realtà materiale.

Al di là, c’è un mondo meraviglioso, fatto di simboli, di persone e di animali, di cieli celesti e mari a volte tempestosi ed altri calmi…che abbiamo imparato a chiamare sogni.

In passato ai sogni davo la valenza di qualcosa di lontano da me, qualcosa che non mi riguardava poi molto. Oggi invece ho capito che ci sono più io là, che altrove.

Spesso mi sono chiesta se non ci sia davvero più vita nel Senza Tempo, invece che di qua, sul piano materiale della realtà che conosciamo.

Nella dimensione del Senza Tempo mi è capitato di incontrare persone a me care, che nell’aldiqua, non riuscivo mai a vedere, per impegni reciproci, per “problemi” vari, e lì invece, ci siamo parlati, ci siamo raccontati tutto quello che di persona, difficilmente avremo mai il coraggio di dirci.

Il tempo come lo conosciamo, nel Senza Tempo, non esiste.

Non c’è passato, non c’è presente, non c’è futuro, c’è solo quell’istante eterno, senza inizio né fine, ma che si allarga e si allarga e si allarga ancora, avvolgendoti e facendoci sentire davvero vivi.

Vi auguro di sperimentare il Senza Tempo anche nel piano materiale che chiamiamo realtà, perdendovi negli occhi di qualcuno o nell’ammirare un tramonto che lascia senza fiato.