C’è confusione fuori e dentro di me.

Parole che si sovrappongono. Pensieri che si scontrano gli uni con gli altri. Immagini che si accavallano e io, resto senza fiato.

Sento che l’aria mi manca. Mi sembra come se qualcuno abbia messo le sue mani intorno al mio collo e a mano a mano cominci a stringere sempre di più. Non velocemente, non di botto, ma lentamente, lasciandomi cosciente di ciò che sta accadendo.

C’è trambusto. Ho bisogno di un attimo di calma. Ho bisogno di fermarmi, sembro una trottola impazzita.

Lo vedo. Non è quello della mia infanzia, ma va bene lo stesso, anzi, questo è molto più grande di quello che avevo nella mia cameretta di bambina.

Apro prima un’anta e poi l’altra. Fra la confusione dei mie vestiti appesi, le borse sparse qua e là e qualche sacca stracolma di sciarpe che credo di non avere mai usato, mi faccio spazio.

Trovo il mio angoletto. Sedersi su una superficie così dura, senza neanche un cuscino sotto al sedere, non è il massimo, abituata alle mille comodità della mia vita, ma stavolta va bene. Stavolta va bene tutto. Ho bisogno di calmarmi. Ho bisogno di silenzio. Ho bisogno di buio.

Chiudo le due ante e in un attimo è come se entrassi in un altro mondo.

Non vedo niente. Urto col movimento delle braccia alcuni vestiti appesi, fra i quali mi incastro in qualche modo, anche se non so bene in che modo e probabilmente non lo saprò mai.

Non ci sono suoni. Nessun rumore che proviene dall’esterno.

Fuori, il mondo che va veloce e che travolge, dentro, una dimensione senza tempo né spazio.

Lo facevo spesso da bambina. Quando avevo voglia di starmene per i fatti miei, quando mi sentivo incompresa e volevo sparire, mi chiudevo nell’armadio vicino alla finestra e sapevo che lì, solo lì, sarei stata in pace.

Era stretto e alto. Lo ricordo come se fosse adesso.

Avevo decisamente meno vestiti di oggi da metterci dentro e senza dubbio, il solo fatto di vivere sotto lo stesso tetto di mia madre, implicava una cura dell’ordine, ai limiti del maniacale, che oggi ho quasi dimenticato.

Ho sempre amato il buio e la quiete che i luoghi come questo, riescono a donare, è un po’ come tornare indietro. Credo sia come tornare nel ventre della mamma, in quel posto sicuro, dove la luce ti raggiunge appena e i suoni sono una dolce melodia lontana. In quel luogo dove ti senti protetta, in cui sei nutrita e amata e vivi e cresci senza opporti.

Comincio piano piano a provare quelle sensazioni. Il respiro si fa sempre più calmo e i pensieri, insieme ai miei ricordi, scivolano via.

Avverto un vuoto dentro. C’è uno spazio disabitato, come una tela bianca che non ha fretta di essere dipinta…sta lì, immobile e si lascia guardare. Non c’è dolore, non c’è gioia, niente di niente. Il tempo è sospeso, ci sono solo io e nient’altro.

Resto in silenzio e mi godo quello che accade dentro di me.

Il petto, ad ogni inspirazione, si espande sempre di più. Mi sento immensa, sconfinata, è come se non fossi più nulla di tutto ciò con cui mi identifico. Non sono il mio nome, né il mio passato, né le mie preoccupazioni. Sono qualcosa e sono niente, allo stesso tempo.

Mi fondo e mi confondo con l’aria, con il Tutto che ci ha generati. I confini del mio corpo non esistono più. Non ho pelle, non ho muscoli, non ho sesso, non ho involucri che mi imprigionano. Sono parte del Tutto…lo sento!

D’improvviso un brivido mi attraversa la schiena e torno lì, nel mio armadio.

Sento i vestiti appesi che mi solleticano la faccia, e mi scappa da ridere, e penso a mia madre, quando da bambina mi veniva a cercare e mi trovava chiusa nell’armadio vicino alla finestra. Era disperata, pensava fossi pazza, in realtà stavo solo cercando la mia “casa”.