Guardavo un documentario sulla deforestazione in Amazzonia e sugli indigeni Uru-eu-wau-wau, che da anni combattono contro l’incessante azione distruttiva di quello che è stato definito il polmone del nostro pianeta.

Il susseguirsi di immagini, racconti e storie dei vari protagonisti, hanno generato in me non poche riflessioni.

Pensavo agli indigeni e alle “ragioni” che li spingono a combattere per questo territorio, nel quale vivono fusi e rispettosi della natura che li circonda; ed ho trovato altrettanto sacrosante le “ragioni” di agricoltori che deforestando hanno potuto ampliare i loro pascoli e le loro fattorie.

Vista la “storia” da una angolazione e dall’altra, escludendo i concetti di giusto e sbagliato, buono e cattivo, entrambi hanno “ragioni” valide secondo le loro coscienze. In entrambi i casi mi sono trovata a comprendere la loro posizione.

Poi però mi sono accorta che mancava il vero protagonista in tutta questa narrazione, ossia la Natura, fatta di alberi, di insetti, di animali terrestri, pesci, uccelli, anfibi etc.

Per l’ennesima volta sono state messe al centro di tutto le discussioni fra uomini, rendendo la visione dell’immagine intera, decisamente parziale, tipica della nostra società moderna amante dell’autopsia.

Se penso ad un macro-mondo come può essere un bosco, al suo interno posso trovarci di tutto, alberi, piante, fiori, animali delle più diverse specie e TUTTI, e ripeto TUTTI, convivono, coesistono e proprio la loro diversità fa sì che il macro-mondo bosco sia perfetto così, in costante e continuo mutamento, eppure, perfetto così, fino a quando la variabile uomo subentra ad esso.

Sono certa che ogni anfibio abbia le sue “ragioni”, che saranno senza dubbio diverse da quelle di un pappagallo eppure, nell’immagine complessiva, tutto funziona alla perfezione.

Io credo davvero che l’uomo “moderno” sia l’essere che meno si è adattato all’ambiente in cui vive. Anzi, ne sono sicurissima, e forse da qui il nostro sentirci sempre un pò spaesati e mai al posto giusto.

E mi domando: e se Qualcuno ci avesse “scaricato” su questo pianeta per insegnarci una lezione importante? Per farci evolvere nella consapevolezza, per poi riportarci a Casa?

Io voglio immaginarla così: quel Qualcuno ci sta dando una grossa occasione, ossia ricordare cosa significa essere parte di un Tutto, essere una gocciolina di acqua e l’oceano immenso, allo stesso tempo.

Spostare l’attenzione dalle “ragioni” dei singoli, che spesso diventano strumento di divisione, per realizzare una ragione più ampia, che include e che risale il “problema” sino alla sorgente.

Io sono convinta che tanto gli indigeni Uru-eu-wau-wau, quanto gli allevatori, e vi sfido buttandoci dentro anche i “potenti” uomini di affari brasiliani, nutrono un grosso, sconfinato amore per l’Amazzonia; i loro antenati hanno abitato quelle terre, si sono nutriti di ciò che quei luoghi hanno offerto loro e questo scorre nel loro sangue. Hanno solo dimenticato la loro storia.

Ecco, io credo che la grande sfida oggi, sia proprio risvegliare le nostre coscienze e finalmente aprire gli occhi su chi siamo veramente: parte di un Tutto.