Perdersi, per poi ritrovarsi

In un’epoca lontana dalla nostra, in un luogo non meglio precisato, è vissuta una giovane ragazza, il cui viaggio vi racconterò.

C’era una volta…

Era una fredda e umida mattina di metà Novembre.

Il cielo era plumbeo e la pioggia, che si era riversata copiosa nei giorni precedenti, aveva cessato di cadere dando una tregua alla natura ormai sazia e agli abitanti del posto, che poterono uscire di casa e trascorrere qualche ora all’aria aperta.

Di quella tregua aveva approfittato anche lei, Isabel.

Chi la vide per ultimo, riferì che stava passeggiando fra le strette vie del paese, per poi allontanarsi, andando giù, verso il bosco.

Mentre percorreva il ripido sentiero che conduceva al bosco, Isabel notò, a pochi metri da se, una piccola stradina che non aveva mai visto prima.

Senza pensarci due volte decise di fare una deviazione rispetto all’originario percorso, per andare a vedere cosa ci fosse oltre quei cespugli.

Attraversando la fitta boscaglia, si ritrovò dinanzi ad uno spettacolo mai visto prima: un labirinto.

Aveva sentito storie fantastiche sui luoghi incantati del bosco che costeggiava il suo paese, ma mai e poi mai aveva pensato di potersi imbattere in un labirinto.

Quella costruzione, fatta di piante verdi perfettamente tagliate e dalla forma squadrata, si ergeva sopra di lei per oltre tre metri di altezza.

Poco distante dal luogo in cui si trovava, scorse l’ingresso del labirinto.

Era una piccola apertura, posta sul lato destro della facciata principale.

Isabel, incuriosita, decise di entrare giusto per dare un’occhiata.

Fatto il primo passo all’interno del labirinto, fu immediatamente catturata dallo spettacolo che gli si mostrò davanti agli occhi.

Entrò infatti in una stanza enorme, che da fuori non avrebbe mai pensato fosse così grande. Su due lati di quell’enorme stanzone, c’erano due aperture che conducevano una in un’altra sala, stavolta un po’ più piccola, e l’altra verso un lunghissimo corridoio.

Le venne in mente il gioco del labirinto che faceva da bambina, quello che si disegna sul foglio di carta e che con un po’ di astuzia e ingegno, ti porta a tracciare la via più breve per raggiungere l’uscita.

Pensò dunque che sarebbe stato facile trovare l’uscita di quel labirinto. A suo avviso, sarebbe infatti stato sufficiente seguire quel corridoio, per arrivare in fretta dalla parte opposta.

Decise così di procedere in quella direzione.

Dopo i primi passi, si voltò improvvisamente per cercare di ripercorrere con lo sguardo la strada che aveva fatto sino ad allora e con suo grande stupore, si accorse che non ricordava più esattamente da dove fosse passata.

Le pareti delle stanze, delle gallerie, erano tutte uguali. La geometria perfetta di quel luogo, lasciava senza fiato.

Isabel cominciò a sentirsi smarrita.

Pensò infatti che era stata una cazzata entrare lì dentro.

Pensò che nessuno sapeva che lei si trovasse in quel labirinto e per questo, nessuno l’avrebbe trovata.

L’ansia cominciò a salire, dapprima come una morsa al petto, poi piano piano arrivò sino in gola. Isabel sentiva che le mancava l’aria.

Le sue gambe cominciarono a tremare, le sue mani pure, mentre il respiro si faceva sempre più affannato e corto.

Cominciò a correre verso quella che le era sembrata la strada che aveva percorso qualche minuto prima.

Arrivò in una grande stanza e prese il varco che si trovava sulla sua destra. Era certa che da lì a qualche metro, avrebbe ritrovato la porta di ingresso del labirinto.

In realtà, voltando a destra, Isabel vide un altro corridoio e poi ancora un paio di stanze.

Cominciò a piangere e ad urlare, ma da lì, nessuno poteva udire la sua voce. Nessuno sarebbe arrivato a soccorrerla.

Disperata e senza più forze, Isabel cadde a terra in lacrime.

Pensava a quanto fosse stata stupida l’idea di entrare lì dentro e in quel momento le venne in mente sua madre e tutte le volte che la donna le aveva ripetuto che era un’incosciente, che agiva sempre senza pensare alle conseguenze delle sue azioni.

Isabel ogni volta si sentiva sbagliata, ogni volta pensava che “magari mamma ha ragione, sono una cretina!”.

Le sue lacrime cominciarono a cadere sempre più copiose.

Isabel non riusciva a smettere di piangere e pensare a tutte le volte in cui si era sentita in quel modo, a tutte le volte che aveva letto la disapprovazione sul volto di sua madre e questo la feriva profondamente.

Le forze cominciarono ad abbandonare piano piano Isabel, che piombò in un sonno profondo.

Il sogno e l’incontro che non ti aspetti

Durante quel sonno profondo, Isabel fece un sogno.

Si trovava in un campo verde e pieno di fiori colorati. Il cielo era celeste e sgombro da nuvole, e nell’aria volteggiavano decine di farfalle dai colori sgargianti, che rendevano l’atmosfera decisamente magica.

Ad un tratto, in lontananza, vide un albero. Era una meravigliosa quercia secolare. Agganciata ad uno dei rami più in basso, vi era una splendida altalena, sulla quale una bambina stava dondolando.

Isabel decise di avvicinarsi. Il richiamo verso quell’albero e quella bambina erano fortissimi.

Giunta sotto la quercia, la bambina, che fino a poco prima stava felicemente giocando sulla sua altalena, si fermò e scese, per poi allontanarsi velocemente.

Isabel la rincorse. Non capiva perché quella bambina fosse scappata così in fretta, in fondo lei non voleva farle del male.

Raggiunta la piccola fanciulla, Isabel le chiese perché se ne fosse andata via in quel modo.

La bambina, rivolgendo uno sguardo duro ad Isabel, disse:

“Cosa sei venuta a fare? Sei venuta per rimproverarmi ancora, per dirmi che non vado bene, che sbaglio sempre tutto? Io non voglio più parlare con te, perché tu non mi vuoi bene”.

All’udire quelle parole, Isabel rimase di stucco. Lei, che non ricordava di aver mai incontrato prima quella bambina, proprio non riusciva a capire di cosa stesse parlando, e a cosa facesse riferimento con le sue parole.

Così, le disse:

“Perché dici queste cose? Io non ricordo di averti mai conosciuta prima di ora. Non ricordo il tuo volto…magari mi stai confondendo con qualcun altro… Ad ogni modo, io non voglio farti del male, mi sono avvicinata a te, perché guardandoti giocare sulla tua altalena mi sono ricordata di quanto anch’io, alla tua età, amassi trascorrere i miei pomeriggi sotto la quercia vicino casa, dove mio padre aveva costruito un’altalena, proprio come la tua”.

La bambina raccontò a Isabel che per il suo quinto compleanno, il papà le costruì quell’altalena come regalo, e che lei passava ore e ore all’ombra della grande quercia, che aveva ribattezzato come La Grande Quercia del Cuore.

All’udire quelle parole, Isabel restò di stucco: anche lei, come quella bambina, aveva dato alla quercia sotto casa, lo stesso identico nome.

Isabel comprese che quello non era un caso e capì che fra lei e la bambina c’era un legame molto profondo: quella bambina era parte di sé.

Si sedettero l’una accanto all’altra e cominciarono a parlare.

La bambina ricordò ad Isabel episodi e accadimenti, di quando lei aveva più o meno la sua età e le raccontò di quando sua madre la rimproverò per aver rovesciato un bicchiere d’acqua sulla tela che aveva messo ad asciugare accanto al caminetto della cucina.

Fu allora che ricordò, perchè fu allora che dopo l’ennesimo rimprovero della mamma, Isabel disse addio a quella bambina, alla parte più viva, più vera che la abitava e fu da allora che le due smisero di giocare insieme, di sognare e di scrivere le meravigliose storie d’amore, che solo una, con la mano dell’altra, riuscivano a comporre.

Il risveglio e la chiarezza nel cuore

Isabel si riprese lentamente dal sonno profondo.

Aveva ricominciato a piovere quando lei, ancora un po’ frastornata, riaprì completamente gli occhi.

Quell’ansia che poco prima l’aveva assalita, quel senso di oppressione al centro del petto e quella mancanza d’aria, o d’amore, erano svanite. Ora Isabel si sentiva più calma, stranamente parecchio serena.

Le tornò in mente il sogno e quella bambina, che poi tanto immaginaria non era. Si ricordò dell’episodio di cui quella bambina aveva raccontato e di come da allora, lei avesse davvero smesso di giocare e di divertirsi come un tempo.

Quell’ennesima strigliata della mamma l’aveva convinta che lei fosse sbagliata, che fosse solo capace di combinare pasticci.

Aveva dunque deciso, da quel momento, di essere come la mamma voleva: una perfetta ragazzina, diligente ed educata, attenta alle regole e senza troppi sogni da inseguire.

Isabel comprese che aver messo a tacere quella parte di sé, aveva significato perdere la parte più autentica, quella che sa sempre cosa fare nei momenti difficili e che, con il sorriso sulle labbra, le donava energia e voglia di scoprire il mondo.

Con quella serenità nel cuore, Isabel si alzò e riprese il suo cammino.

Ora, quel labirinto non le faceva più così paura.

Ora, ogni galleria, ogni stanza senza uscita, rappresentavano una sorpresa, qualcosa da esplorare senza fretta e che in ogni angolo le riservava una piacevole scoperta, a volte un fiore mai visto, altre una piccola bacca rossa fra i verdi cespugli e altre ancora un simpatico uccellino, sceso per farle compagnia.

Fu proprio da quell’uccellino, che Isabel comprese l’importanza di riuscire a guardarsi dall’alto.

Come quando si è in volo infatti, la prospettiva della realtà in cui siamo immersi, acquisisce tutto un altro significato.

“Osservarsi dall’alto”, di questo Isabel aveva bisogno. Staccarsi da quel personaggio che negli anni si era costruita e che gli altri avevano costruito sulla sua pelle, per tornare ad essere libera di far emergere tutta la sua autenticità.

Isabel si fermò improvvisamente, socchiuse gli occhi e immaginò se stessa in volo. Vide in modo chiaro quel labirinto in cui si trovava, e sé stessa.

Riaprì gli occhi e ora, con la calma nel cuore e la fiducia nella bambina che aveva ritrovato, continuò a percorrere le stanze e le gallerie di quel labirinto, fino a raggiungere l’uscita che affacciava su un mondo meraviglioso e magico: la sua personale e irripetibile, vita!

Chi è Isabel?

La storia di Isabel è la storia di ognuno di noi.

È la mia storia, è la tua storia, è la storia di mio figlio, di mia madre, della mia migliore amica.

È la storia di chiunque abbia il coraggio di guardarsi dentro, per scoprire che tutto ciò che cerchiamo, tutto ciò che ci affanniamo a rincorrere fuori, è invece dentro di noi.

È già tutto dentro di noi, domande e risposte, problemi e soluzioni…a noi, la scelta di percorrere quel labirinto.

Il labirinto incontrato da Isabel è il nostro mondo interiore, fatto di immagini, di emozioni, di energie e di luoghi ancora sconosciuti e di stanze meravigliose che attendono solo di essere illuminate dalla luce dei nostri occhi.

Perderci in quel labirinto, significa dimenticare le nostre certezze, dimenticare chi siamo e tutto ciò che fino a questo momento abbiamo saputo di noi, perché sarà solo nel perderci, che ritroveremo la nostra vera autenticità, la nostra sconfinata bellezza e la potenza delle energie che ci abitano, riuscendo così a dipingere il nostro meraviglioso, personale, capolavoro: la nostra vita.